La rivoluzione gentile dell’impact economy

Giovanna Melandri spiega le implicazioni dell’Impact Investing per il Real Estate, in particolare la necessaria interdipendenza di capitali sociali, naturali, umani, industriali e finanziari nel generare ricchezza e benessere.

13/06/2022

Viviamo una fase di profonda trasformazione dei modelli di creazione del valore a livello globale. Potremmo definirla una rivoluzione gentile: cambiamenti che riguardano direttamente il modo in cui si fa impresa e si investono capitali finanziari”.

Giovanna Melandri, Presidente di Social Impact Agenda per l’Italia, National Advisory Board del Global Steering Group for Impact Investment e membro del Comitato di Indirizzo di COIMA ESG City Impact Fund, ne è sicura: “il periodo che viviamo, con le sue complessità e l’insorgere di nuovi bisogni generati dalla pandemia, dall’incerta situazione geopolitica ed economica, offre una grande opportunità per tornare a parlare di un nuovo modo di intendere il capitalismo, nella direzione di una maggiore giustizia sociale e sostenibilità ambientale, un capitalismo meno estrattivo e più generativo .

Giovanna Melandri, Presidente di Social Impact Agenda per l’Italia, membro del National Advisory Board del Global Steering Group on Impact Investment e membro del Comitato di Indirizzo di COIMA ESG City Impact Fund

Giovanna Melandri, Presidente di Social Impact Agenda
per l’Italia, membro del National Advisory Board del
Global Steering Group on Impact Investment e membro
del Comitato di Indirizzo di COIMA ESG City Impact Fund

La piattaforma dell’Impact Economy sta divenendo anno dopo anno sempre più solida; si sta consolidando grazie a due processi: il ripensamento da parte del settore pubblico delle politiche di welfare; la presenza di una serie di operatori finanziari che promuovono nuove strategie di investimento capaci di valorizzare temi quali l’inclusione e la sostenibilità.

Il concetto di impact imperative e quindi “la necessità da parte di un attore economico/finanziario di ottimizzare non solo rischio e rendimento ma piuttosto rischio rendimento e impatto diviene centrale”. Le imprese così come gli attori del mondo finanziario con cui Human Foundation collabora “vogliono – come nel caso del Fondo COIMA ESG City Impact Fund – incorporare all’interno delle proprie strategie la dimensione dell’impatto e per fare questo si dotano di strumenti di valutazione sempre più specifici ed efficaci”. Nell’ambito dell’impact economy, quindi, la valutazione dell’operato di un CEO non è più unicamente basata sulla sua capacità di gestire il rischio e di massimizzare i rendimenti finanziari ma anche sulla sua “abilità di generare cambiamenti sociali e ambientali intenzionali e misurabili”.

L’impact investing è quindi composto da una serie di strumenti finanziari che hanno come obiettivo quello di generare cambiamenti positivi per le comunità e il territorio. “Le caratteristiche peculiari di questi investimenti sono riassumibili in quattro macro-dimensioni: intenzionalità dell’attore economico nel generare impatto, l’aspettativa di un rendimento economico, la misurabilità nel tempo dei risultati sociali o ambientali generati e l’addizionalità – vale a dire la capacità di investire in ambiti sottocapitalizzati, in progettualità capaci di dare risposta a bisogni o problemi specifici”.

La remunerabilità del capitale è un punto centrale: “si può essere tentati di pensare che questo tipo di investimenti sfugga alla logica del rendimento finanziario. Fino a pochi anni fa questa affermazione era parzialmente vera, si parlava infatti di venture philantropy o di capitali pazienti, ma oggi il mercato dell’impact investing è maturato e la remunerazione degli strumenti di finanza a impatto risulta allineata ai rendimenti di mercato”. In questo mutato contesto una buona prassi per gli asset manager è quella di connettere quota parte della propria remunerazione ai risultati di impatto sociale e ambientale raggiunti.

Emerge in modo molto evidente l’importanza di identificare strumenti valutativi idonei, capaci di garantire una misurazione accurata dei risultati raggiunti. Secondo Giovanna Melandri il tema della valutazione dell’impatto è centrale poiché “quando trattiamo questo tipo di investimenti il rischio del green o social washing è reale. È quindi necessario dotarsi di partner terzi in grado di misurare il valore generato rispetto agli obiettivi di impatto definiti ex-ante. Inoltre, è necessario evidenziare come non tutti gli investimenti rivolti a progetti che mirano al raggiungimento di obiettivi sociali o ambientali possano essere considerati ad impatto. In questo caso il tema dell’addizionalità è centrale. Un esempio può essere quello dell’investimento nella sanità privata che rivolge la propria offerta di servizi ai ceti più abbienti. Questi enti operano a tutti gli effetti in un ambito capace di generare impatto sociale poiché erogano servizi sanitari e rispondono alle necessità di un segmento specifico di stakeholder del territorio. La caratteristica che li esclude dall’alveo degli investimenti ad impatto è relativa alla scarsa accessibilità economica ai servizi dovuta ad un pricing troppo elevato”. Rispetto al tema della corretta misurazione dell’impatto generato da un investimento Giovanna Melandri sottolinea come “risulti necessario allontanarci dai modelli di rendicontazione finanziaria che si sono imposti nel dopoguerra per adottare un modello di rendicontazione integrata” capace di fornire in un unico documento (redatto da enti terzi) informazioni di carattere finanziario e non, relative quindi all’impatto ambientale, sociale e di governance.

Queste valutazioni si inseriscono in una fase storica che offre al nostro Paese la grande opportunità dei fondi del programma Next Generation EU, con cui rafforzare la ripresa post-pandemia attraverso innovazione e digitalizzazione: “il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza rappresenta una grandissima opportunità che non può andare sprecata anche per spingere modelli dì parteniarato pubblico/privato costruiti su obiettivi dì allargamento del welfare, di rigenerazione urbana, di social housing etc. ”, continua Giovanna Melandri. “La sfida che vedo davanti a noi è di utilizzare in modo efficiente ed efficace queste risorse. Mi interrogo sulla capacità effettiva di alcuni dei destinatari delle risorse di contendere prima e utilizzare poi l’ammontare del budget loro assegnato. La situazione relativa alle competenze interne alla pubblica amministrazione è infatti molto variegata, a fronte di comuni virtuosi che hanno saputo attrarre o coltivare competenze in tema di progettazione e gestione di processi complessi, ve ne sono altri che si trovano in grande difficoltà. È necessario un maggior raccordo strategico tra i differenti livelli dell’amministrazione Statale: centrale, regionale e locale. Siamo di fronte a un’occasione unica per dotarci di modelli e strumenti valutativi capaci di affrontare la sfida alla misurazione degli effetti che i progetti finanziati saranno in grado di generare nei diversi territori; qualcosa si sta muovendo: penso per esempio ai modelli di valutazione che stanno elaborando presso il ministero infrastrutture e mobilità sostenibile guidato da Enrico Giovannini.

“Il nostro Paese, anche se in misura minore rispetto ad altri, sta comunque vivendo un periodo di crescita di progettualità nella direzione dell’impact economy. Gli esempi non mancano: “penso ad attori sistemici quali Enel, che con i suoi Green Bond ha contribuito a creare anche in Italia una finanza climatica e sostenibile. C’è anche grande attesa per il ruolo che può ricoprire Cassa Depositi e Prestiti nell’attivare leve finanziarie a favore di modelli imprenditoriali che incorporino al proprio interno le dimensioni della sostenibilità e della rigenerazione urbana quali fattori strategici di crescita”.

E il settore immobiliare? “La progettazione sia da un punto di vista urbanistico sia da quello del Real Estate, è oggi centrale nel disegnare la relazione tra l’uomo e lo spazio che lo circonda. In Italia, l’attività di progettazione deve saper coniugare la dimensione della salvaguardia, tutela e valorizzazione del portato storico, architettonico, culturale delle nostre città”. “L’unicità dei nostri centri storici è alla base della sfida relativa all’efficientamento del comparto immobiliare italiano che è chiamato come tutti gli altri Paesi a raggiungere l’obiettivo degli nZEB (nearly Zero Energy Buildings)”.

MiColtivo, attività didattica a contatto con la natura organizzata da BAM per la comunità

MiColtivo, attività didattica a contatto con la natura organizzata da BAM
per la comunità

Utilizzare le risorse energetiche in modo più sostenibile significa muoversi in direzione del superamento dell’attuale modello urbano, in molti casi nato dal presupposto di dover garantire città “a misura di automobile”. Al contrario, secondo Giovanna Melandri, il Real Estate può interpretare un secondo rilevante ruolo nella rivoluzione impact attraverso la capacità degli operatori di rinnovare i propri processi progettuali, produttivi e costruttivi: “credo che ci sia una grande opportunità di ibridazione tra i professionisti che lavorano nell’ambito della progettazione delle costruzioni e gli impact manager nel progettare spazi sociali capaci di supportare azioni di attivazione comunitaria. Luoghi in cui abitare e costruire non sono più distinti e abitare significa promuovere cittadinanza attiva per moltiplicare beni comuni, materiali e immateriali”.

Sotto questo aspetto certificazioni come LEED & WELL costituiscono un interessante modello di validazione di progetti urbanistici e infrastrutturali: “ogni certificazione, se ben strutturata come queste, ha una sua rilevanza all’interno del processo di monitoraggio e valutazione della capacità di un progetto di generare valore e/o ridurre le esternalità negative. Sarebbe utile che tutti i progetti urbanistici e infrastrutturali si dotassero di certificazioni di questo tipo”; sebbene sia necessario, secondo la Presidente, uno sforzo per integrare queste metodologie con le dimensioni del cambiamento sociale a medio e lungo termine.

“Credo che la fase attuale ci offra una grande occasione per imparare, tutti assieme, come sistema Paese, ad uscire dal campo delle proposte stile ’propaganda’, per entrare in una stagione in cui i temi dello sviluppo economico, dei nuovi modelli di welfare, delle politiche di tutela ambientale possano essere discussi e trattati attraverso la lente dell’evidenza fornita dai dati raccolti e analizzati” e, conclude Giovanna Melandri, “l’approccio impact rappresenta un modello aperto di gestione dei dati fondamentale per questo processo”.

L’impact economy nasce dall’incontro di due movimenti: da una parte l’affermarsi di nuove strategie di investimento che, sull’onda del global compact delle Nazioni Unite, valorizzano sostenibilità e inclusione; dall’altra le politiche di welfare promosse dal settore pubblico. Insieme hanno fatto emergere l’impact economy come una classe di investimento

Si può essere tentati di pensare che questo tipo di investimenti sfugga a una logica di ritorno economico. Fino a pochi anni fa si parlava infatti di venture philantropy o di capitali pazienti, ma oggi la remunerazione degli strumenti di finanza a impatto risulta allineata ai rendimenti di mercato. A questo proposito, una buona prassi potrebbe essere quella di connettere il livello di remunerazione a quello di impatto sociale e ambientale raggiunto

C’è una grande opportunità di ibridazione tra i professionisti che lavorano nell’ambito della progettazione delle costruzioni e gli impact manager nel progettare spazi comunitari capaci di supportare azioni di attivazione comunitaria. Luoghi in cui l’abitante diviene cittadino e si attiva per salvaguardare i beni comuni, materiali e immateriali